Milano e la Chiesa dei “diversamente” cristiani

Stefano Fontana

La nuova chiesa di Karl Rahner progressivamente avanza, ora in forma sonora ora in modo più mellifluo. Il tentativo degli uffici pastorali della diocesi di Milano di non disturbare i conviventi e i divorziati celebrando gli anniversari dei matrimoni in chiesa, di cui abbiamo riferito ieri, è un ulteriore esempio di questa nuova Chiesa. Dopo i “diversamente credenti” ora abbiamo i “diversamente conviventi” o i “diversamente sposati”. 

Questi concetti sono in pieno di origine rahneriana: tutti siamo credenti, perché il rapporto con Dio avviene dentro la nostra storia ed è costitutivo della nostra esperienza (è “trascendentale”, diceva il teologo tedesco). Tutti credono di credere. Questa è la trascendenza, che è quindi data a tutti. Le altre religioni, l’ateismo stesso, le religioni cristiane e la fede in Gesù Cristo sono espressioni di questa fede anonima originaria dentro la quale stanno tutti gli uomini. Tutti sono credenti anonimi e, quindi, cristiani anonimi. Ecco perché siamo “diversamente credenti”. In gergo sociologico ci sono i “diversamente abili”: non è che uno sia abile e l’altro no, tutti lo sono, anche se diversamente. Così, in materia di religione e di fede, non è che uno sia stato catturato dalla religione vera ed unica mentre l’altro no, tutti sono già salvati, anche se diversamente.

Lo stesso si può dire della famiglia e del matrimonio, siamo tutti “diversamente sposati”, perché siamo tutti in cammino e nella nostra diversità si fa strada la grazia di Dio, che è presente da dentro la storia e non da fuori, come fosse un Legislatore assoluto. Dio si rivela nell’esperienza e ci accompagna a partire dalla nostra situazione (ci ama “così come siamo”, come ormai si sente spesso dire nelle omelie della nuova chiesa rahneriana), quindi in tutte le nostre situazioni è presente la sua grazia. Come hanno detto più volte i cardinali Kasper e Schoenborn, non ci sono più situazioni regolari e irregolari. 

Siamo tutti diversamente in cammino e dobbiamo rispettarci così, nelle nostre situazioni, senza giudicarle, senza discriminarle, senza mancare di rispetto, senza ostentare una qualche “superiorità” secondo il piano di Dio di una situazione su un’altra. Dichiarare in pubblico la propria fede può allora diventare offesa a chi è di fede diversa o a chi è ateo. Celebrare un anniversario di matrimonio può diventare offesa a chi è separato, divorziato o divorziato-risposato. 

E’ certo che di questo passo non solo il dichiarare questo o quello verrà concepito come discriminante, ma anche il dichiarare in quanto tale. Il semplice professare la fede, confessarla, pubblicamente proclamarla potrà essere considerato come mancanza di rispetto a tutti gli altri. Perfino il semplice fatto di essere visibili come cattolici potrà essere considerato un’offesa agli altri. E’ per questo che, nella dottrina di origine rahneriana dell’essere “diversamente credenti” e “diversamente sposati” – che altro non è se non l’applicazione dell’idea di essere già “diversamente salvati” – si esprime il destino di essere invisibili.

Non già per ritirarsi dal mondo ma, al contrario, per diventare completamente mondo, accogliendone tutte le situazioni e tutte le diversità. La teologia del “diversamente” implica infatti che il cattolico non abbia più nulla da dire al mondo a partire dalla propria fede, perché sarebbe un indebito atto di accusa verso altri. Se gli sposi di una comunità cristiana non possono più celebrare davanti all’altare l’anniversario del matrimonio che proprio lì, su quell’altare, è nato, per non mancare di rispetto agli altri, allora quella comunità non potrà più dire niente in proprio, ossia di derivante dalla propria fede. La nuova Chiesa di Karl Rahner è una Chiesa afasica, che non si dichiara, che non interviene, che non indica né proclama. Una Chiesa che si defila e si mimetizza.

“Diversamente credenti” e “diversamente sposati” esprimono la presa d’atto che il mondo è originariamente e giustamente plurale, e così deve rimanere. Il “diversamente” è una ricchezza e non una povertà. Pretendere di evangelizzare rendendo tutto “cristiano” è anticristiano. Come non bisogna convertire chi è di altra religione così non bisogna far sposare chi è convivente o separato. Il “diversamente” non è una situazione passeggera che va superata, ma la situazione normale della vita cristiana, dato che Dio si manifesta proprio nelle pieghe di questo “diversamente”.

Sarebbe bieco proselitismo voler convertire alla nostra fede un ateo, come del resto convincere a celebrare il matrimonio una coppia convivente. Ci pensa Dio, dato che è possibile che in una coppia sposata non ci sia la grazia di Dio, che potrebbe esserci invece in una coppia convivente. Questo dice la nuova Chiesa rahneriana. Di passo in passo, finiremo tutti per pensarla così?

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